«Far risorgere la nostra vocazione di cittadini»

Venerdì, 22 Marzo, 2024

Non più soltanto i partiti e la politica in generale hanno perso la fiducia dei cittadini, ma oggi anche le stesse comunità soffrono un calo di partecipazione democratica e ciò rischia di portarci alla scomparsa di esse intese come un insieme di persone che - attraverso la partecipazione, il confronto e il sostegno reciproco - si impegnano a concorrere alla realizzazione del bene comune. È perciò fondamentale ripensare la partecipazione così da attuarla in tutta la sua potenzialità.

“La partecipazione è intesa come il convergere delle persone verso la dimensione istituzionale della città, laddove si decidono in termini politici-istituzionali le sorti della città stessa. (…) In realtà la dimensione istituzionale non esaurisce affatto la dimensione politica di una città, ne è solo una parte. (…) La partecipazione, prima di essere partecipazione alla vita istituzionale, è partecipazione alla vita della città che ha mille forme, luoghi e momenti diversi per esprimersi. (…) La cittadinanza è il cuore della vita di una città, nel senso che è lo svolgersi dei suoi rapporti che determina l’identità culturale, sociale e, alla fine, anche politica di una città”. (1)

In un tempo dunque in cui l’individualismo prevale sul bene comune diventa essenziale concorrere reciprocamente a “far risorgere la nostra vocazione di cittadini (…), costruttori di un nuovo legame sociale”. (…) “La democrazia ha bisogno di cittadini consapevoli dei propri doveri, abbiamo bisogno di cittadini più che di leader… la compassione e l’empatia sono il fondamento etico della cittadinanza. La democrazia ha bisogno di cittadini che guardano…con gli occhi degli altri, che si mettono nei panni dell’altro. (…) Essere animatori di speranza sociale e testimoni di una nuova e possibile forma di cittadinanza oggi”. (2)

Questo significa che qualunque sia il nostro posto dentro la città - un giovane, un adulto, un anziano, una casalinga, un panettiere, una infermiera, ogni persona - singolarmente e tutti assieme abbiamo in affidamento tutta la città, il posto dove “prenderci davvero cura gli uni degli altri ed essere così dei tessitori di fraternità”. (3)

Il filosofo e politico statunitense John Dewey vedeva poi nel dialogo il cuore della democrazia, con un occhio di riguardo in particolare alla democrazia come stile di vita. (…) Dewey ha sottolineato anche l’importanza del «significato più ampio di democrazia, quello della democrazia partecipativa nelle comunità locali», per reintegrare le esperienze ed elaborare modalità di cooperazione per il benessere comune.

Una rivoluzione questa che esige allora di rivedere il ruolo stesso di colui che più rappresenta l’istituzione della città in quanto il sindaco è riconosciuto anche come il primo cittadino della sua comunità, in senso latino come primus inter pares “Primo fra uguali”: persona cui è riconosciuta la dignità di capo nell’ambito di un gruppo di persone di pari dignità o valore. Proprio per questo dunque egli per primo è chiamato a garantire le condizioni, cominciando in consiglio comunale a rispettare e ancor più a valorizzare la ricchezza della diversità dei ruoli, perchè anche la stessa partecipazione alla vita istituzionale diventi davvero un’esperienza realmente sperimentabile fra tutti.

1) Stefano Sarzi Sartori (“Comunità e democrazia nei quartieri”)

2) Chiara Tintori (sua la citazione della “Fratelli tutti”, capitolo secondo, paragrafo 66, e le affermazioni riprese da: Cittadini, sudditi e apolidi)

3) Piero Platto