Europa: sovranità per la pace

Venerdì, 7 Giugno, 2024

Il tornante storico nel quale si colloca il passaggio elettorale europeo del prossimo fine settimana è segnato dall’intreccio di sfide che occorre prendere in considerazione, affrontandole all’interno di una discussione pubblica capace di alimentare un processo di costruzione del consenso a livello europeo. Fra le forze politiche che siedono nel Parlamento europeo si sono ormai affermati stereotipi opposti, alimentati da esigenze elettorali che attengono più al piano nazionale che a quello europeo. L’Unione è allora presentata, da un lato, come un congegno tecnocratico posto in alternativa al livello originario degli stati nazionali, ritenuti i soli depositari della sovranità e del diritto di esercizio di autorità politica. Dall’altro, l’Europa viene esemplificata come lo spazio inclusivo a vocazione quasi cosmopolita contrapposto all’egoismo esclusivo di identità nazionali pericolose.

            Queste interpretazioni superficiali generano, a loro volta, politiche del tutto inadeguate a consentire all’Europa e agli stati che la compongono di affrontare con efficacia un orizzonte nel quale l’urgenza è segnata dal ritorno della guerra sul suolo europeo, dalla crisi dei sistemi di tenuta economico-sociale di fronte al crescere delle diseguaglianze, dalla necessità di pensare modelli di sviluppo segnati dalla sostenibilità. Si tratta di temi che rivelano tutta la complessità della realtà, nella quale la sfida è comporre esigenze e attese diverse attraverso la scoperta dell’esistenza di un interesse di ordine superiore e comune a tutti. E al tempo stesso, questi temi si rivelano cruciali per la tutela di quei diritti/doveri il cui esercizio rende chi abita nei paesi europei cittadino, parte di una comunità politica che si costruisce, di quel “popolo” che troppo spesso viene invocato come il soggetto titolare di sovranità solo per poter giustificare la gestione del potere di pochi.

            Occorre, allora, ritornare alla radice di un progetto, quello dell’Unione politica dell’Europa, che ha nel suo carattere costitutivo l’ambizione di salvare la sovranità degli Stati, ma condizionandola ad un indirizzo sovranazionale, perché di quella sovranità ha conosciuto e sperimentato i limiti di un’esasperazione e di un’assolutizzazione. L’Europa come spazio politico pensato dai “padri fondatori” – Schuman, Adenauer, De Gasperi, come anche Altiero Spinelli – resta il luogo in cui gli stati europei sono in grado di esercitare la propria sovranità, perché posta all’interno di una comune sovranità europea. E quest’ultima non è altro rispetto alla vita civile, politica e culturale dei singoli stati: è la sovranità di tutti, per il bene di tutti. Ed è quello l’orizzonte politico nel quale occorre raccogliere la sfida di dare all’Europa un “fine”, una meta da raggiungere che segni la direzione di un cammino comune: è questo essere orientati che consente di aprire quel dibattito sul come raggiungere quel termine che alimenta il bisogno di democrazia che è una delle radici dell’attuale fatica dell’Unione.

          La guerra tornata sul suolo europeo a causa dell’invasione russa dell’Ucraina, così come gli effetti sulla sensibilità degli europei del conflitto fra Israele e Palestina, hanno contribuito a rendere drammatica l’esigenza di misurarsi con la concretezza di scelte e decisioni urgenti. E pongono però al tempo stesso il bisogno di dare a questo decidere uno spessore tutto politico che dovrebbe venire da quelle forze politiche che si candidano a rappresentare i cittadini europei in quella che è una delle più importanti assemblee deliberanti democraticamente eletta su scala planetaria. L’urgenza è dunque quella di maturare culture politiche europee capaci di dare respiro ad una visione delle cose e contribuire a dare un futuro al sogno europeo. La pace, tornata ad essere una necessità cercata e un orizzonte da edificare, è allora la chiave con cui rileggere non solo il problema della difesa europea, di una politica di gestione degli armamenti, ma anche di come costruire una più solida equità sociale ed economica, di come rendere sostenibile e vivibile il nostro domani, di come convincere altri stati, altri popoli, altri soggetti politici esterni all’Unione ad accettare gli strumenti del diritto e della giustizia per affrontare e risolvere i problemi comuni che sfidano il domani degli uomini. Il momento che viviamo, esige un’Europa che pensi e agisca da protagonista nel contesto mondiale, non come semplice alleato alle grandi potenze, ma come interlocutore paritario, forte di una tradizione democratica e culturale capace di imprimere modelli di sviluppo, equità, diritti e pace.